Modello prestativo nel tennis            (Prof. S. Buzzelli) 

Mentre in passato la tecnica e la tattica tennistica rivestivano un ruolo primario per la conquista di risultati di rilievo, negli ultimi anni si e' andato affermando, in maniera sempre più evidente, che l'aspetto fisico e psicologico della preparazione, siano divenuti il punto fermo su cui il tennista moderno poggia le basi per rendere possibili i miglioramenti prestativi.  Questo sia perché il ritmo degli scambi e la velocità di palla sono notevolmente aumentati per le migliorie tecnologiche apportate all’attrezzatura, sia perché l'elevato numero di tornei a cui un tennista di qualunque categoria prende parte nell'arco della stagione agonistica, sottopongono l' atleta ad un livello di stress realmente considerevole.  Ciò premesso, per quanto concerne la preparazione fisica,  e' intuitivo che conoscere  il grado di impegno temporale e metabolico a cui si sottopongono i giocatori, studiare le strategie allenanti più idonee, ottimizzare ed amalgamare le risposte alla vasta  gamma di richieste motorie  individuali,  tenendo conto anche delle caratteristiche fisico-tecniche, porterebbe alla stesura  di  piani di allenamento  sempre più precisi e personalizzati.     Affinché questi concetti possano svilupparsi nel modo meno empirico possibile,  si rende necessario dover analizzare dati tangibili per capire come si svolge mediamente  un incontro di tennis, quali sono le richieste energetiche in relazione alla durata ed alle azioni di gioco, e quali sono appunto queste azioni.       E’ noto che la ricerca scientifica non ha prediletto il tennis per parecchio tempo e per molti anni l’unica ricerca italiana era rappresentata da uno studio fatto dal prof. Gallozzi ed altri AA. risalente agli anni settanta.     Nel 1976, in un altro studio effettuato dai Proff. Mattews e Fox  (Università di Philadelfia) venivano date indicazioni su parametri fisiologici tennistici di una certa rilevanza che evidenziavano come il tennis fosse da considerarsi uno sport con impegno metabolico misto così ripartito: 70% anaerobico alattacido, 20% anaerobico lattacido, 10% aerobico, con consumo di ossigeno durante la gara al 75% sottomassimale, 10% massimale e 15% anaerobico, e che circa il 70% delle frequenze cardiache erano quelle medio-alte . Ulteriori studi seguiti a questi primi tentativi di codificare il tennis da un punto di vista metabolico e motorio hanno convenuto sul fatto che le trasformazioni e l'evoluzione del tennis erano dovute per lo più alle innovazioni tecnologiche che hanno enfatizzato movimenti ed azioni sempre più veloci, esplosive e potenti, ed hanno confermato che l’impegno fisiologico dovesse essere a maggior ragione orientato verso il metabolismo anaerobico alattacido e lattacido per massima parte, lasciando al meccanismo aerobico il ruolo di semplice ricaricatore di energie nelle varie fasi di recupero.

Da uno studio approfondito effettuato da me e dalla mia equipe nel 1995 con attrezzatura adeguata (cardiofrequenzimetri Polar 3000 - k4 - phmetro sanguineo - misuratore di lattato - analisi video del gioco)   su 50 giocatori di buon livello tecnico, abbiamo rilevato dati sicuri che di seguito vengono riportati.

Alla luce di queste acquisizioni, volendo dare una descrizione in chiave moderna, possiamo certamente confermare le prerogative iniziali che contraddistinguono questa disciplina sportiva, cioè che il tennis  è uno sport  di situazione, a carattere metabolico misto, con discontinuità randomizzata delle azioni di giuoco che si alternano a momenti più o meno lunghi di pause dettate dal regolamento; le novità sono che in questo sport attualmente si affermano atleti con ottime caratteristiche antropometriche, dotati di ottima potenza muscolare e grandi qualità di reattività. Infatti  il tennista moderno di alto livello è di statura alta (media tra primi 100 giocatori di livello mondiale 1,82 cm per i maschi e 1,72 per le femmine)  con muscolatura pronunciata (per le femmine è possibile qualche eccezione in più rispetto ai maschi), con valori normali di VO2max  ma con forza esplosiva accentuata, valori che sono direttamente proporzionali al livello prestativo tennistico individuale.

Per quanto riguarda le  azioni di giuoco, nell’analisi seguita allo studio conoscitivo, sono risultate molteplici e prevalentemente sono riferibili ad azioni di:

-  VELOCITA'

-  ESPLOSIVITA'

-  RAPIDITA'

E’ stata rilevata anche la durata media delle azioni di giuoco che vanno dai 4 agli 8 secondi con grande variabilità indotta dalla superficie di gioco e mediamente non si riscontrano azioni  consecutive che durano più di 20”-30”.  Va evidenziato che nel tennis moderno, un elemento che a volte risulta essere decisivo in un incontro è il servizio, un colpo che a differenza degli altri  non è indipendente dall’influenza dell’avversario e da condizioni ambientali.     Va inoltre tenuto presente che le azioni di giuoco trovano efficace estrinsecazione nell' ambito di un susseguirsi casuale di movimenti che necessariamente richiedono una considerevole capacità di RESISTENZA.

Nel grafico di fig.2   sono stati raccolti i dati relativi alle azioni di giuoco in relazione al tipo di superficie.   Da questo si evince che l'atleta durante il periodo di gara impiega mediamente più della metà del tempo in pause di giuoco, ed il tempo rimanente in attività fisica vera e propria.    Per pause di giuoco si  intendono: cambi di campo, interruzioni tra un punto e l'altro, raccolta palle, ecc..., ed e' per questo motivo che vanno differenziate in attive (quelle, che sono caratterizzate da momenti in cui si e' in movimento ma non si sta effettuando una azione di gioco( es. raccolta delle palline) e passive (quelle caratterizzate da veri e propri arresti del gioco, che prevedono il riposo, es. fine del punto, fine del set con cambio di campo ecc...) che rivestono differenza sostanziale nei riguardi del recupero organico: le pause attive, grazie al fatto che avvengono in posizione eretta e in movimento aiutano il ripristino grazie alla pompa sanguinea periferica esercitata dai muscoli attivi sul ritorno venoso ,  favorendo una più rapida e migliore riossigenazione del sangue, esse sono da considerarsi più efficaci rispetto a quelle passive che interrompendo totalmente l’attività fisica ed effettuate in posizione seduta, favoriscono la stagnazione del sangue periferico con le relative conseguenze.

Le pause sono state regolamentate dall’ITF  in 20” tra i punti del game, 1’30” ogni due games, e  3’ ogni set.       Se prendiamo in esame contemporaneamente alle azioni di gioco (che rappresentano l'espressione biomeccanica) anche il grafico che riporta l'andamento medio delle frequenze cardiache durante un incontro (che rappresenta l'espressione metabolica) (fig.3), notiamo una disomogeneità macroscopica nell'intervento di vari livelli di pulsazioni con predilezione di frequenze che vanno dal 70%-80% della Frequenza Massima; ciò non deve trarre in inganno, infatti nonostante le frequenze cardiache siano relativamente basse, a volte molto al di sotto del livello di soglia anaerobica e quindi riferibili ad azioni blande e contenute quindi rappresentative di un lavoro aerobico di medio livello, esse sono dovute perlopiù ad azioni quasi sempre al massimo delle potenzialità fisiche ma di breve o brevissima durata a cui fa seguito sempre un tempo sufficiente per il ripristino, per un atleta allenato, in cui la frequenza cardiaca inizialmente sale ma ben presto inizia la fase discendente per riportarsi ai valori di base.

Proprio su questo fenomeno ho elaborato il PowerCardioTest, un test innovativo che individua parametri emodinamici e di potenza muscolare cui far riferimento nell’impostazione dell’allenamento personalizzato.Insomma il tennista moderno è prevalentemente più un atleta di potenza che di resistenza. Alla luce di questi fattori è quindi già possibile delineare una traccia dell' obiettivo che dovrà perseguire la programmazione della preparazione fisica.     Come si è già notato nell' osservazione del grafico relativo alle frequenze cardiache (fig. 3), si intuisce che nonostante l' organismo sia sottoposto a sterss cardiaco, comunque non omogeneo e costante, durante l' impegno agonistico, la quantità di risposte motorie nello stesso tempo è decisamente indirizzata sulle azioni cosiddette esplosive, che come ben sappiamo non sono dipendenti da una efficace funzionalità del sistema aerobico essendo esse influenzate dal sistema anaerobico (fig. 2) che è solitamente in antitesi all' altro  . Nasce allora il dubbio di come far coesistere le due qualità (aerobica ed anaerobica) senza produrre interazioni reciprocamente negative.    E' chiaro che un marcato impegno aerobico nell' ambito della preparazione sia compromettente per le risposte motorie del tennista, ma è anche vero che se manca una efficienza del sistema aerobico il tennista avrà difficoltà a “ripristinare” e quindi a far durare la sua capacità di impegno.  

QUALITA' FISICHE FONDAMENTALI DEL TENNISTA 

LA VELOCITA' NEL TENNIS.   Il termine VELOCITA' rappresenta un' entità fisica che mette in relazione lo spazio che una massa riesce a percorrere con il tempo impiegato (velocità di spostamento) ma anche il tempo che intercorre tra l’individuazione di uno stimolo e la relativa risposta motoria (velocità di reazione) ma anche il grado di velocità agolare possibile nello spostamento di parti del corpo su se stesso (velocità segmentarla).  Parlare di velocità di spostamento nel tennis e' quantomai difficoltoso soprattutto per l’ampiezza del campo di gara le cui dimensioni, lo ricordiamo sono circa 13 metri di lunghezza per circa 10 metri di larghezza (questa e' la parte di campo su cui gioca ogni singolo giocatore).Si deduce che essendo gli spazi molto contenuti e' più opportuno parlare di Capacità di Accellerazione e Decellerazione, mentre per  Velocità ci si riferisce sia alla capacità di ripetere gli spostamenti in campo, sia a ciò che attiene alla reazione motoria agli stimoli sensoriali (visivi e acustici).      Infatti il giocatore  prima di muoversi riceve uno stimolo di tipo sensoriale ed arriverà nel punto preciso dove e' necessario giungere per avere un corretto impatto con la palla, soltanto se avrà sviluppato doti di percezione sensoriale e capacità di accellerarsi nella direzione del punto di impatto. L'ACCELERAZIONE e' fortemente legata alla velocità (essendo essa la differenza tra la velocità finale e quella iniziale in un dato tempo) ma a differenza di essa richiede mezzi tecnici di allenamento diversi di cui necessariamente bisogna tener conto.     Allenando la velocità in maniera sistematica, come frequentemente accade, con prove che prevedono la ripetizione di distanze di una certa lunghezza (es. prove su 40-50 m) si rischia di non avere in campo i risultati sperati, come invece si potrebbe ottenere, indirizzando l'allenamento su prove di ESPLOSIVITA' e di ACCELLERAZIONE (es. 5-10m).   

L' ESPLOSIVITA'     Il servizio, l' impatto violento con la palla durante una azione di gioco, lo smash, la volèè, lo stacco per recuperare un lob, lo scatto in avanti per prendere una smorzata, sono tutte azioni di esplosività e tanto più è sviluppata nell' atleta tanto più il suo gioco ne acquista in incisività ed efficacia.    Dal grafico (di fig. 2) si nota che l'aspetto esplosivo e' più richiesto in partite su terreni veloci, ma questo non esclude che le doti di esplosività debbano essere migliorate anche nei tennisti regolaristi che fanno del ritmo il loro punto forte.      Se prendiamo atto che possedere un  servizio potente può avvantaggiare, se non essere la chiave di volta, di un incontro, si intuisce la necessità di dare largo spazio, nella programmazione, alle metodiche di accrescimento di questa qualità.       L'Esplosività riguarda sia gli arti inferiori sia quelli superiori. 

LA RAPIDITA'     La definizione di Rapidità presuppone la capacità di ripetere un numero elevato di movimenti nell' unità di tempo in maniera coordinata.       E' rapido di gambe chi, per esempio, esegue 6-8 toccate di skip a ginocchia alte in un secondo.     Quando nel tennis e' richiesta la rapidita' ?       Grandi livelli di rapidità si raggiungono muovendosi in spazi molto ristretti, quindi la rapidità sarà sempre riferita agli spostamenti brevissimi in cui inoltre e' richiesto il massimo equilibrio dinamico.      Se osserviamo un giocatore che ricerca un colpo preciso ed esplosivo al tempo stesso, noteremo come questi arrivi sulla palla dopo aver effettuato una rapida serie di passettini  a baricentro basso ( per aumentare l'effetto del caricamento ) e ricercando un equilibrio quasi statico nel momento dell' impatto, esplodendo tutta la sua forza contro la palla alla ricerca del colpo imprendibile.      Ritengo che la rapidità possa aiutare il giocatore a tenersi in movimento senza grandi spostamenti del baricentro per conservare un buon equilibrio soprattutto nella fase di impatto con la palla ed il successivo rientro in posizione.      Diciamo per concludere che la rapidità e' la caratteristica di assemblamento tra tutte le altre qualità ed il gioco del tennis.

Tutte queste qualità comunque non devono restare isolate tra loro ma interagire e trasferirsi nella tecnica vera e propria.    Il  transfer va sempre ricercato dall’allenatore con esercitazioni atte allo scopo, infatti  l' integrazione tra le qualità fisiche e qualità tecnico-tattiche rappresenta il momento di massima valenza di una Programmazione: far in modo, cioè, che l'acquisizione di maggiori capacità fisiche realizzino, senza soluzione di continuità, una espressione tecnica più efficace ed incisiva.      Spesso accade che nonostante si diventi più veloci o rapidi, si incontrino maggiori difficoltà nell' espressione tecnica, proprio perché non si e' curata a dovere la parte relativa al transfer. 

Un paragrafo a sé richiede la descrizione dell' incidenza delle qualità di Resistenza organica in un tennista.   E' noto a tutti che un buon livello di efficienza cardiovascolare e respiratoria (solitamente definita col nome di resistenza aerobica) può elevare la capacità di impegno nella preparazione vera e propria nel senso di quantità di lavoro che e' possibile svolgere, oltre che di recupero e ripristino delle fonti energetiche . Bisogna tener presente, però, che l'incremento esagerato di questa qualità porta ineluttabilmente al decadimento delle altre qualità neuromuscolari, a mio avviso decisamente più importanti nel tennista ( qualità esplosive, velocità, reattività, ecc...).     Come si è già notato nell' osservazione del grafico relativo alle frequenze cardiache (fig. 3), si intuisce che nonostante l' organismo sia sottoposto a sterss cardiaco, comunque non omogeneo e costante, durante l' impegno agonistico, la quantità di risposte motorie nello stesso tempo è decisamente indirizzata sulle azioni cosiddette esplosive, che come ben sappiamo non sono dipendenti da una efficace funzionalità del sistema aerobico essendo esse influenzate oltre che dal patrimonio genetico di fibre muscolari di tipo veloce anche dal sistema anaerobico che è solitamente in antitesi all' altro.   Nasce allora il dubbio di come far coesistere le due qualità (aerobica ed anaerobica) senza produrre interazioni reciprocamente negative.    Allenamenti orientati sullo sviluppo di qualità aerobiche rallentano i processi di reattività neuro muscolare che invece in un tennista debbono essere enfatizzati.    E' chiaro che un marcato impegno aerobico nell' ambito della preparazione sia compromettente per le risposte motorie del tennista, ma è anche vero che se manca una efficienza del sistema aerobico il tennista avrà difficoltà a “ripristinare” e quindi a far durare la sua capacità di impegno.    Una risposta metodologica in tal senso è stata quella di inserire nell' ambito della preparazione un sistema allenante che se da un lato favorisce un incremento della resistenza dall' altro tiene in considerazione il non scadimento delle qualità esplosive.     La soluzione al quesito è stata l’introduzione di una metodica chiamata “Impegno con Variazioni di Ritmo cardiaco (IVR)” che consiste in un lavoro alternato di prove di sprint con brevi tempi di recupero in corsa.    Per quanto concerne l’allenamento aerobico vero e proprio penso sia sufficiente il lavoro ripetitivo in campo sia con il palleggio sia al cesto con l’allenatore, infatti  nel monitoraggio della frequenza cardiaca durante gli allenamenti di questo tipo, ho rilevato FC che raramente arrivano a livello di soglia anaerobica, tanto meno FC massime, quindi si può ritenere questo tipo di lavoro fisico a prevalente caratteristica aerobica anche perché continuo e lineare; inoltre questo tipo di lavoro è da preferirsi a qualunque altra forma di allenamento in quanto è di tipo specifico,  e non richiede di duplicare l’impegno in fase di preparazione.